Spazio Labo’ – Centro di fotografia | Strada Maggiore 29 | Bologna

LEAVING ROOM

Leaving Room: rubrica di fotografia per la condividere le riflessioni sull’immagine contemporanea.

Leaving Room è la nuova rubrica di Spazio Labo’ nata per continuare con senso di responsabilità e condivisione le nostre riflessioni sull’immagine contemporanea: partendo da un libro fotografico scelto dalla loro libreria di casa, i nostri ospiti “lasceranno” il loro salotto per accompagnarci in un breve viaggio tra le loro ispirazioni musicali, cinematografiche e letterarie.

I PROSSIMI INCONTRI

MERCOLEDÌ 22 LUGLIO | BEST OF!

ARCHIVIO

MERCOLEDÌ 1 LUGLIO | SIMONE SAPIENZA

KIDS EDITION!

MERCOLEDÌ 24 GIUGNO | MATTIA ZOPPELLARO

MERCOLEDÌ 17 GIUGNO | KUBLAIKLAN

MERCOLEDÌ 10 GIUGNO | ERIK KESSELS

MERCOLEDÌ 3 GIUGNO| MAYUMI SUZUKI

MERCOLEDÌ 27 MAGGIO | SILVIA ROSI

Le cose crollano, di Chinua Achebe (La nave di Teseo)

Okonkwo è un guerriero, un lottatore, un uomo ambizioso e rispettato che sogna di divenire leader indiscusso del suo clan. Dal suo villaggio Ibo, in Nigeria, la fama di Okonkwo si è diffusa come un incendio in tutto il continente.

Ma Okonkwo ha anche un carattere fiero, ostinato: non vuole essere come suo padre, molle e sentimentale, lui è deciso a non mostrare mai alcuna debolezza, alcuna emozione, se non attraverso l’uso della forza. Quando la sua comunità è costretta a fronteggiare l’irruzione degli europei, l’ordine delle cose in cui Okonkwo è nato e cresciuto comincia a crollare, e la sua reazione sarà solo il principio di una parabola che lo porterà nella polvere: da guerriero temuto e venerato, a eroe sconfitto, oltraggiato.

Le cose crollano, il primo libro della trilogia che ha consegnato Chinua Achebe alla fama internazionale – in corso di pubblicazione presso La nave di Teseo in una nuova traduzione – è unanimemente considerato il suo capolavoro, capace di intrecciare nella stessa vicenda due storie diverse: quella personale di Okonkwo e quella più ampia dello scontro fra due religioni e civiltà. Nella scrittura di Achebe, interprete di una grande tradizione letteraria, i conflitti ancestrali fra individuo e comunità dialogano con i percorsi accidentati della storia, le cui conseguenze investono ancora il mondo in cui viviamo.

Captain Fantastic, di Matt Ross, 2016

Yere Faga, di Oumou Sangaré con Tony Allen

MERCOLEDÌ 13 MAGGIO | GIULIA TICOZZI

Storming Sarajevo (Desert Storm)

Amore e anarchia – La vita urgente di Soledad Rosas (1974-1998), di Martín Caparrós (Einaudi, 2018)

A come Amore e Anarchia. Due elementi che toccano la breve vita di Soledad Rosas, da Buenos Aires a Torino, incongruamente accusata di essere la terrorista piú pericolosa d’Italia.

Creedence Clearwater Revival

The greenline, di Francis Alÿs (Jerusalem, 2004)

MERCOLEDÌ 6 MAGGIO | LUCA CAMPIGOTTO

Il grande sonno di Raymond Chandler (Adelphi, II ed., 2019)

È sempre l’ultimo incarico, per Philip Marlowe. Ma quello che gli abbiamo affidato stavolta, forse, è il più delicato. Sì, perché deve prendere tutto il décor e tutti i ferri del suo mestiere – le palme e il ven­to caldo di Los Angeles, la penombra mi­nacciosa di interni sfarzosi e lo sfarfallio dell’acqua nelle piscine, il crepitio delle pistole e quello ancora più letale dei la­mé –, aggiungerci il suo fuori campo in­confondibile, e rimetterli al posto delle storie spesso ovvie raccontate da migliaia di suoi epigoni, in quell’universo narrati­vo opaco cui è stato attribuito d’ufficio un nome che non gli apparteneva: il noir. Sì, stavolta Marlowe deve riportare le lancet­te all’anno in cui tutto è cominciato, il 1939, e al luogo da cui tutto il resto ha trat­to origine: questo romanzo. E per fortuna tutto fa pensare che ci riuscirà – o che fal­lirà magnificamente, come solo lui avreb­be potuto.

Hammett, di Wim Wenders, 1982.

Over there, di Terence Blanchard

DOMENICA 3 MAGGIO | MARINA CANEVE

Spillover di David Quammen (Adelphi, II ed., 2014)

Ogni lettore reagirà in modo diverso alle scene che David Quammen racconta seguendo da vicino i cacciatori di virus cui questo libro è dedicato, quindi entrerà con uno spirito diverso nelle grotte della Malesia sulle cui pareti vivono migliaia di pipistrelli, o nel folto della foresta pluviale del Congo, alla ricerca di rarissimi, e apparentemente inoffensivi, gorilla. Ma quando scoprirà che ciascuno di quegli animali, come i maiali, le zanzare o gli scimpanzé che si incontrano in altre pagine, può essere il vettore della prossima pandemia – di Nipah, Ebola, SARS, o di virus dormienti e ancora solo in parte conosciuti, che un piccolo spillover può trasmettere all’uomo –, ogni lettore risponderà allo stesso modo: non riuscirà più a dormire, o almeno non prima di avere letto il racconto di Quammen fino all’ultima riga. E a quel punto, forse, deciderà di ricominciarlo daccapo, sperando di capire se a provocare il prossimo Big One – la prossima grande epidemia – sarà davvero Ebola, o un’al­tra entità ancora innominata.

Shadow, di Chromatics

Paterson, di Jim Jarmusch, 2016.

MERCOLEDÌ 29 APRILE | FILIPPO ROMANO

Accolto da un’ovazione di consensi alla sua prima uscita italiana nel 1986, lo straordinario romanzo di Hrabal ha avuto numerose ristampe. È raro che un libro riesca come questo a esibire una tale gamma di registri, di storie, di aspirazioni. C’è un erotismo festoso; c’è un’assoluta passione per la vita, per le sue sorprese; c’è la voglia di denaro e di successo come ansia di riconoscimento; c’è la tristezza della vita come delusione e solitudine: c’è una festa di immagini e di poesia.

Quasi un adattamento postmoderno di Robinson Crusoe, con echi anche della “Tempesta” shakespeariana, “L’isola di cemento” narra del naufragio del protagonista Robert Maitland su un’isola di fabbricazione umana. Maitland è un uomo ricco, vive una vita borghese con tanto di moglie, figlio e amante. Ma un giorno, d’improvviso, dopo un tremendo incidente mentre è alla guida della sua splendida Jaguar, si ritrova imprigionato sullo spartitraffico dell’autostrada. Incapace di sfuggirne, deve trovare il modo di sopravvivere lì, ai confini dell’universo umano in un ambiente alieno e al di là della civiltà, e tutto quel che ha per farlo è quanto gli è rimasto dell’auto distrutta. Ma, via via che la situazione precipita, Maitland si adegua alla sua nuova condizione, scopre in sé una diversa consapevolezza e si convince che la sua nuova esistenza potrebbe non essere peggiore della precedente. Va avanti perciò nella scoperta dell’isola, con i suoi segreti e relitti del passato, con i suoi abitanti. Nell’Isola di cemento si ritrova il tema ricorrente nella poetica ballardiana dell’alienazione prodotta dalla tecnologia e dalla contemporaneità, che può spingere a preferire la sopravvivenza in condizioni estreme pur di ritrovare una libertà perduta nella società disumanizzata.

Un elegante condominio in una zona residenziale, costruito secondo le più avanzate tecnologie, è in grado di garantire l’isolamento ai suoi residenti ma si dimostrerà incapace di difenderli. Il grattacielo londinese di vetro e cemento, alto quaranta piani e dotato di mille appartamenti, è il teatro della generale ricaduta nella barbarie di un’intera classe sociale emergente. Viene a mancare l’elettricità ed è la fine della civiltà, la metamorfosi da paradiso a inferno, la nascita di clan rivali, il via libera a massacri e violenza. Il condominio, con i piani inferiori destinati alle classi inferiori, e dove via via che si sale in altezza si sale di gerarchia sociale, si trasforma in una prigione per i condomini che, costretti a lottare per sopravvivere, danno libero sfogo a un’incontenibile e primordiale ferocia.

The Warsaw ghetto: The 45th anniversary of the uprising, di Ruta Jan Sakowska, Marek Edelman e Karski (Interpress Publishers, 1987)

DOMENICA 26 APRILE | CHIARA BARDELLI NONINO

Io e Mabel (“H is for Hawk”) di Helen Macdonald (Einaudi, 2016)

Helen e Mabel. Una donna ferita e un rapace sanguinario. Un incontro impossibile, eppure vero fino in fondo, fatto di dolore, tenerezza e autentica, ritrovata felicità. Un’indimenticabile storia d’amore.

Il libro degli esseri a malapena immaginabili, di Caspar Henderson (Adelphi, 2018)

Da tempi molto lontani i bestiari autentici e quelli immaginari concorrono in parti quasi uguali al disegno della zoologia così come la conosciamo, o crediamo di conoscerla. Si sono a lungo specchiati, imitati a vicenda, guardati a seconda dei casi con rispetto e con sospetto, i due generi: finché qui, per la prima volta, non si ritrovano fusi in qualcosa di nuovo. Sì, Caspar Henderson è andato a trovare dove nemmeno li si cercherebbe – nelle profondità degli oceani, negli angoli più inospitali di deserti roventi – intere famiglie di viventi di cui tutto ignoravamo, a cominciare dall’aspetto; oppure ha raccontato particolarità di animali tanto vicini a noi da risultarci, ormai, quasi invisibili. E li ha messi tutti insieme, pesci zebra e delfini, axolotl e balene, con l’amichevole partecipazione di Sapiens, in questo diario di un naturalista capriccioso che è anche qualcosa di più – il manuale delle strane regole con cui possiamo ogni volta ricominciare, a sorpresa, il gioco molto antico di reale e fantastico.

MERCOLEDÌ 22 APRILE | PETRA STAVAST

Le cinque variazioni (The five obstructions) di Jørgen Leth e Lars von Trier, 2003.

66 scenes from America di Jørgen Leth, 1982.⠀

Landscape with the sound of a flag, di Mark Manders, 2002.

«Quante volte capita che un romanzo sia inquietante fino alle lacrime eppure così rivelatorio della gentilezza della natura umana da farvi sentire in uno stato di grazia? La seconda stupefacente opera di Hanya Yanagihara scandaglia a fondo le vite intime dei suoi personaggi e il lettore non solo ne prende a cuore il destino ma ha l’impressione di viverle in prima persona. Le sue pagine sono piene di dolore, ma ovunque emerge l’infinita capacità dell’uomo di resistere e di amare» (The San Francisco Chronicle).

Il libro delle cose nuove e strane, di Michel Faber (Bompiani)

Tutto ha inizio quando Peter Leigh, un devoto uomo di fede, viene chiamato a compiere la missione di una vita, una missione che lo porterà a galassie di distanza dalla sua amata moglie, Beatrice, in territori forse ostili. Peter non può sottrarsi e parte. Ma a poco a poco si immerge nei misteri di un ambiente nuovo e incredibile, governato da un’enigmatica organizzazione conosciuta solo come USTC. Il suo lavoro lo porta a contatto con la popolazione nativa, apparentemente amichevole, alle prese con una pericolosa epidemia e ansiosa di ricevere gli insegnamenti di Peter – la sua Bibbia è il loro “libro delle cose nuove e strane”. Con sua moglie Peter intrattiene una fitta corrispondenza, ma le lettere di Beatrice all’improvviso si fanno sempre più disperate e Peter ne rimane scosso: tifoni e terremoti devastano interi paesi sulla Terra e i governi sono in bilico. La fede di Bea, un tempo faro delle loro esistenze, inizia a vacillare. La lontananza che separa i due amanti, misurata in distanze siderali, e agli estremi della quale ci sono un mondo appena scoperto e un altro ormai al collasso, minaccia di diventare una voragine incolmabile e sempre più profonda: mentre Peter cerca di conciliare i bisogni della sua congregazione con i desideri del suo strano datore di lavoro, Bea lotta per sopravvivere. Le prove che affrontano Bea e Peter mettono a nudo la loro fede, il loro amore, le loro responsabilità.

DOMENICA 19 APRILE | LINA PALLOTTA

Raised by wolves, di Jim Goldberg (Scalo, 1997, II ed.)

La donna di sabbia, di Hiroshi Teshigahara, 1964.

Bully Boys, di Tiger Lillies

MERCOLEDÌ 15 APRILE | CARLO SALA

Storia dell’arte e anacronismo delle immagini, di Georges Didi-Huberman (Bollati Boringhieri)

Intrusione di un’epoca in un’altra, proiezione sul passato di categorie che non gli appartengono, crollo della distanza tra gli oggetti o gli eventi remoti e i loro esegeti: l’anacronismo è malfamato, reca impresso uno stigma che lo bandisce da ogni storiografia rispettabile, compresa la storia dell’arte. Ma il tabù di quello che viene ritenuto un grossolano sviamento dai canoni disciplinari è rovesciato da Didi-Huberman in una prospettiva di elezione, in cui il presunto falsario temporale si riabilita a paradigma vitale dell’interrogazione storica.

Paura reverenza terrore, di Carlo Ginzburg (Adelphi)

Siamo circondati, sommersi dalle immagini. Dagli schermi dei computer e degli apparecchi televisivi, dai muri delle strade, dalle pagine dei giornali, immagini d’ogni genere ci seducono, ci impartiscono ordini (compra!), ci spaventano, ci abbagliano. Questo libro ci invita a guardare le immagini lentamente, attraverso alcuni esempi, notissimi e meno noti: Guernica, il manifesto di Lord Kitchener con il dito puntato verso chi guarda, il Marat di David, il frontespizio del Leviatano di Hobbes, una coppa d’argento dorato con scene della conquista del Nuovo Mondo. Immagini politiche? Sì, perché ogni immagine è, in un certo senso, politica: uno strumento di potere. Siamo soggiogati da menzogne di cui noi stessi siamo gli autori, ha scritto Tacito – e sono parole indimenticabili. È possibile infrangere questo rapporto?

Lost identities, di Christian Fogarolli

D’Annunzio, di Pop X

DOMENICA 12 APRILE | DARIA SCOLAMACCHIA

Il buio oltre la siepe, di Harper Lee (Feltrinelli)

In una cittadina del “profondo” Sud degli Stati Uniti l’onesto avvocato Atticus Finch è incaricato della difesa d’ufficio di un “negro” accusato di violenza carnale; riuscirà a dimostrarne l’innocenza, ma l’uomo sarà ugualmente condannato a morte. La vicenda, che è solo l’episodio centrale del romanzo, è raccontata dalla piccola Scout, la figlia di Atticus, un Huckleberry in gonnella, che scandalizza le signore con un linguaggio non proprio ortodosso, testimone e protagonista di fatti che nella loro atrocità e violenza non riescono mai a essere più grandi di lei. Nel suo raccontare lieve e veloce, ironico e pietoso, rivive il mondo dell’infanzia che è un po’ di tutti noi, con i suoi miti, le sue emozioni, le sue scoperte.

Il buio oltre la siepe, di Robert Mulligan, 1962.

When they see us, di Ava DuVernay, 2019.

Mela da scarto, di Lucio Dalla

MERCOLEDÌ 8 APRILE | MARTINA MELILLI

E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto, di John Berger (Il Saggiatore)

Questo libro è una lettera d’amore. Come in tutte le lettere più riuscite, fra le sue righe si conserva una limpida traccia della voce di chi l’ha scritta: la voce di John Berger, che qui risuona in tutta la sua calorosa intelligenza, in tutto il suo desiderio di condividere storie e sguardi.

Quando non morivo, di Mariangela Gualtieri (Einaudi)

Subito si cuce questo niente da dire
ad una voce che batte. Vuole
palpitare ancora, forte, forte forte
dire sono – sono qui – e sentire che c’è
fra stella e ramo e piuma e pelo e mano
un unico danzare approfondito,
e dialogo
di particelle mai assopite, mai morte
mai finite.
Siamo questo traslare
cambiare posto e nome.
Siamo un essere qui, perenne navigare
di sostanze da nome a nome. Siamo.

Le ricette della signora Toku, di Naomi Kawase, 2015.

Tracing back the radiance, di Jefre Cantu-Ledesma

I am still alive, di On Kawara (1973)

DOMENICA 5 APRILE | FRANCESCA SERAVALLE

Tous Les Garçons Et Les Filles, di Françoise Hardy

Angoscia, di George Cukor, 1944.

L’anno che verrà, di Lucio Dalla

L’anno che verrà, di Lucio Dalla

MERCOLEDÌ 1 APRILE | ELINOR CARUCCI

Una storia di amore e di tenebra, di Amos Oz (Feltrinelli, 2003)

Amore e tenebra sono due delle forze che agiscono in questo libro, un’autobiografia in forma di romanzo, un’opera letteraria complessa che comprende le origini della famiglia di Oz, la storia della sua infanzia e giovinezza prima a Gerusalemme e poi nel kibbutz di Hulda, l’esistenza tragica dei suoi genitori, e una descrizione epica della Gerusalemme di quegli anni, di Tel Aviv che ne è il contrasto, della vita in kibbutz, negli anni trenta, quaranta e cinquanta.

La rivincita delle bionde, di Robert Lukitic, 2002.

DOMENICA 29 MARZO | CHIARA CAPODICI

Ontologia politica della fotografia di Ariella Azoulay (Postmedia Books, 2018)

Come immaginare un “discorso civile” in un’epoca di devastazioni? Come fare spazio alla categoria del civile e così ridefinire un campo di relazioni fra i cittadini e coloro che sono privati del diritto di cittadinanza? Il sottotitolo del volume, “Ontologia politica della fotografia”, suggerisce la risposta a una serie di domande fa appello a un nuovo modo di prendere in considerazione la fotografia oggi, escludendo forse un po’ snobisticamente gli specialismi, le analisi storiche accademiche e il peso prioritario assegnato all’autore e al suo sguardo. Una proposta contro-corrente quella di Ariella Azoulay, che si pone in linea con gli esiti più convincenti dei visual studies. – Tiziana Serena

Chiedi alla polvere di John Fante (Einaudi)

«Chiedi alla polvere è un romanzo costruito su tre storie. Prima: un ventenne sogna di diventare uno scrittore e in effetti lo diventa. Seconda: un ventenne cattolico cerca di vivere nonostante il fatto di essere cattolico. Terza: un ventenne italoamericano si innamora di una ragazza ispano-americana e cerca di sposarla. Il tutto a bagno nella California. Immaginate di fondere le tre storie facendo convergere i tre ventenni (lo scrittore, il cattolico, l’italoamericano innamorato) in un unico ventenne e otterrete Arturo Bandini. Fatelo muovere e otterrete Chiedi alla polvere. Ammesso, naturalmente, che abbiate un talento bestiale». Alessandro Baricco

South American Way, di Carmen Miranda

Radio Days, di Woody Allen, 1987.

MERCOLEDÌ 25 MARZO | SILVIA CAMPORESI

Il sistema periodico, di Primo Levi (Einaudi)

Ognuno dei 21 racconti porta il nome di un elemento della tavola periodica ed è ad esso in qualche modo collegato. I temi sono numerosi, incentrati sulla vita professionale di chimico e contenuti in una cornice autobiografica. Dai primi esperimenti ai primi impieghi, dalle esperienze di vita nei lager nazisti ai racconti – veri o di fantasia – legati al mestiere di chimico: la vita dell’autore vista attraverso il caleidoscopio della chimica.

Strade parallele, di Giuni Russo e Franco Battiato

The Young Pope, di Paolo Sorrentino, 2016.

Come diventare vivi di Giuseppe Montesano (Bompiani – Giunti)

‘Non abbiamo tempo? E allora leggiamo in treno, in aereo, nella metro, a letto, sotto il tavolo, sotto il banco. Leggere per vivere vuol dire attingere a quell’energia che fa essere la realtà diversa da una prigione, e dobbiamo diventare lettori selvaggi proprio ora che non abbiamo tempo”: Giuseppe Montesano parte dal suo ”Lettori selvaggi” per distillare un appassionato pamphlet che compendia un’intera visione dell’uomo e della conoscenza e si propone come rifondazione di un umanesimo contemporaneo. Montesano parla a ciascuno di noi: a chi gli si siede vicino in metropolitana, a chi rifugge ogni slogan e certezza, a chi non teme la propria ignoranza perché sa trasformarla in sete di conoscenza. Con le pagine di questo libro partiamo per un viaggio attraverso le conquiste delle neuroscienze che si ribellano alla dittatura digitale, siamo investiti dal grido di chi non accetta le semplificazioni sciocche spacciate per progresso, e siamo colti dallo stupore sprigionato da una poesia letta ad alta voce e condivisa parola per parola. Montesano argomenta e racconta, e ci ricorda che aprire un libro vuol dire entrare nel regno della libertà. Il lettore disposto a lasciarsi cambiare dai libri che incontra, pronto a nascere e ad amare di nuovo a ogni pagina, è un lettore selvaggio: nell’avventura ha da perdere solo la sua prigionia, e ha tutta la vita da guadagnare.

DOMENICA 22 MARZO | ALBA ZARI

La vita interiore, di Alberto Moravia (Bompiani)

Desideria, giovane, bella e spietata, figlia adottiva di Viola, ricchissima e corrotta, confessa al narratore, che la incalza e la induce a una chiarezza estrema, una vita di ribellione alla propria famiglia, alla propria classe, alla stessa società che l’ha generata. Spinta dalla Voce interiore, dallo spirito di rivolta, non esita di fronte alla prostituzione, all’orgia, alla trama di un sequestro, a una rapina, all’incesto. Il romanzo più travagliato di Moravia: sette anni di lavoro, sette stesure, uno sconvolgente ritratto della borghesia omicida e suicida per odio a se stessa e alla vita.

We might be dead by tomorrow, di Soko

Beanpole (La ragazza d’autunno), di Kantemir Balagov, 2019.

Naufragio di Maria Lai, dalla retrospettiva Tenendo per mano il sole in mostra al MAXXI.

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